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Brescia
San Desiderio
Gennaio 1998


Scena Sintetica

Il percorso della Luce

di Fiorella Frisoni

È la luce, per ammissione dello stesso artista, l'elemento dominante della poetica di Giovanni Marconi, una luce che è mezzo ma anche meta della sua ricerca.
Non teme lo scultore di dichiarare apertamente che il fine di questa indagine riguarda l’interiorità dell’uomo, e il suo mistero, in un panorama senza certezze ma di timbro fortemente morale.
La scelta della materia non è senza importanza in questo percorso, e più che l’alternativa fra il marmo e la resina (trattata peraltro in superfici scabre ad imitazione della pietra), a conseguire effetti di raccolta e riflessione della luce sono gli inserti metallici o semipreziosi (argento e oro, turchesi, ossidiana, onice), presenti allo stesso scopo negli oggetti dell’età gotica.
I riferimenti visivi rimandano anche chiaramente a tradizioni ancestrali e mitologiche: il guerriero che va incontro al suo destino media i moai dell’Isola di Pasqua con i giganteschi rilievi mesoamericani; le sfingi neo-orientalizzanti trovano la loro radice nelle raffigurazioni assire o ittite. Il linguaggio colto e profondo di Marconi recupera con piena coscienza motivi simbolici ancestrali, appartenenti all’immaginario figurativo degli uomini primitivi e alle radici delle credenze religiose euroasiatiche.
Così è la spirale, traduzione grafica della rotazione astrale, più volte presente nella produzione dello scultore veronese (il senso rotatorio della luce compare anche negli affascinanti bozzetti di scena) e per la saetta, simbolo dell’energia vitale e della creatività.
Il fulmine congiunge il mondo soprannaturale e quello terreno anche in quell’affettuosa e minimale versione degli intenti di Marconi che è l’Olimpo per Bambini, in oro e in bronzo, dove il sacello, soglia del mistero, si raggiunge tramite una lunghissima scala, il cui moto ascensionale continua nel ritmo spezzato della saetta fino alle nubi.
Il destino dell’uomo si lega all’interiorizzazione dei sentimenti e delle aspirazioni, che non appartengono al mondo moderno dell’apparenza e delle macchine. Chi si è venduto a Mammone (il cui equivalente demoniaco e totemico è Troppo tardi, doctor Faust) ha perso di vista il senso della levità dell’esistenza libera e autonoma a cui credo voglia alludere la serie delle grandi piume concretizzate in resina, coperte di geroglifici (Ciò che resta, Piuma Blu), la cui presenza inquietante anticipa la sintesi essenziale dell’idolo “Dea”. E sotterraneo scorre il senso alchemico della trasformazione della materia, che, come per tutti i grandi artisti, non è inerte. Sia essa naturale o artificiale, è in grado, a volte, di suggerire soluzioni formali ed in ogni caso il mezzo espressivo attraverso il quale la fase inventiva può raggiungere il suo pubblico e divenire oggetto di comunicazione e, infine, di riflessione.

Fiorella Frisoni

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